Il 23 giugno 2011 è stato adottato il Decreto-legge n. 89 il quale recepisce, tra l’altro, la Direttiva europea 2008/115/CE, la c.d. direttiva rimpatrio. Il decreto è entrato in vigore il 24/06/2011.

Le modifiche introdotte dal D.L. 89/2011 alle disposizioni che regolano l’accesso e il soggiorno sul territorio nazionale dei cittadini comunitari ed extracomunitari, hanno mutato le modalità di controllo e di eventuale allontanamento dal territorio nazionale degli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno. Il provvedimento consta di due Capi. Il primo è dedicato al recepimento della direttiva in materia di “libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari” (Direttiva 2008/115/CE). Il secondo tratta il rimpatrio.

 Capo 1). LIBERA CIRCOLAZIONE/SOGGIORNO DEI CITTADINI UE, che:

  • il visto d’ingresso non sarà più richiesto ai familiari extracomunitari del cittadino UE;
  • il requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti al soggiorno oltre i 3 mesi, non sarà più valutato in relazione al parametro dell’importo dell’assegno sociale, ma facendo riferimento alla situazione complessiva personale dell'interessato;
  • ai fini del rilascio della carta di soggiorno, la qualità di familiare del cittadino UE dovrà essere attestata da un documento rilasciato dall’autorità competente del Paese di origine/provenienza (non più da un’autodichiarazione);
  • i Comuni potranno verificare la sussistenza delle condizioni ostative al soggiorno solo in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla persistenza delle condizioni cui è subordinato il riconoscimento di tale diritto;
  • il possesso dei documenti attestanti il diritto di soggiorno “non costituisce condizione per l’esercizio di un diritto” o per il completamento di una formalità amministrativa;
  • il prefetto possa disporre l’allontanamento coattivo per motivi di o.p. (immediatamente eseguito dal questore), qualora il cittadino UE, allontanato con un provvedimento non coercitivo perché indigente, si è trattenuto oltre il termine fissato, senza aver presentato presso un consolato italiano l’attestazione di polizia di cui all’art. 21, co. 3, TUDIS;

Come si può rilevare dall’esame del provvedimento, le integrazioni al Direttiva 2004/38/CE, non comportano, nel complesso, modificazioni sostanziali al quadro normativo vigente. Esse infatti sono essenzialmente dirette a definire meglio alcuni ambiti di applicazione del predetto decreto.

Tra le novità di maggior rilievo, si segnalano, in particolare, le disposizioni che consentono la verifica circa la sussistenza delle condizioni per il soggiorno dei cittadini comunitari solo in presenza di ragionevoli dubbi, escludendo quindi la possibilità di controlli sistematici (art. 1, comma 1 lett. g) n. 2 e 3).

Con le modifiche introdotte dal decreto legge» la competenza all’adozione dei provvedimenti di allontanamento per motivi di ordine pubblico viene attribuita al Prefetto (art. 1, comma 1 lett. g) n. 5).

Con riguardo al cittadino comunitario destinatario di un provvedimento di allontanamento per il venir meno delle condizioni che legittimano il soggiorno, è previsto, in luogo delle sanzioni stabilite dalla precedente formulazione, che qualora il predetto sia stato individuato sul territorio nazionale oltre il termine stabilito senza presentare l’attestazione circa l’adempimento dell’obbligo di allontanamento, il Prefetto possa adottare nei suoi confronti un provvedimento di allontanamento per motivi di ordine pubblico immediatamente eseguibile dal Questore con accompagnamento alla frontiera (art. 1, comma 1 lett. h) n. 2).

 Capo 2). RIMPATRIO DEGLI STRANIERI IRREGOLARI, che:

  • il reato di ingresso/soggiorno illegale non potrà più essere contestato allo straniero “identificato durante i controlli della polizia di frontiera, in uscita (volontaria) dal territorio”;
  • l’espulsione con accompagnamento immediato alla frontiera possa essere disposta esclusivamente per specifici casi (soggetti pericolosi; rischio di fuga; respingimento della domanda di permesso di soggiorno perché manifestamente infondata/fraudolenta; inosservanza, senza giustificato motivo, del termine concesso per la partenza volontaria; violazione di una delle misure imposte dal questore; espulsione disposta dal giudice);
  • il rischio di fuga che autorizza l’accompagnamento immediato si configuri solo nei casi espressamente previsti (lo straniero: non è in possesso di un documento di espatrio valido ovvero di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato; ha in precedenza dichiarato/attestato falsamente le proprie generalità; non ha ottemperato ad uno dei provvedimenti emessi dal questore);

In materia di rimpatri, il decreto legge modifica, in particolare, le disposizioni che disciplinano le modalità di esecuzione dei provvedimenti di espulsione.

Esso prevede una procedura di espulsione coattiva immediata, previa valutazione del singolo caso, per le ipotesi in cui il cittadino irregolare di un Paese terzo costituisca un pericolo per l’ordine pubblico» la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale, ovvero quando lo straniero abbia tenuto comportamenti che denotano la volontà di non assoggettarsi alla procedura di rimpatrio (rischio di fuga, inosservanza senza giustificato motivo del termine stabilito per la partenza volontaria, violazione di una o più delle misure di garanzia disposte dal Questore per evitare il rischio di fuga» mancata richiesta del termine per la partenza volontaria), o ancora qualora Io straniero sia stato espulso a titolo di misura di sicurezza o di sanzione alternativa alla detenzione, ovvero quando abbia presentato una domanda di soggiorno manifestamente infondata o fraudolenta (art. 3, comma 1 lett. c) n. 3).

L’accertamento, caso per caso, dell’esistenza o meno del rischio di fuga è rimesso al Prefetto. Sulla base dei criteri fissati dalla nonna, il rischio di fuga si configura qualora ricorra almeno una delle seguenti circostanze: il mancato possesso da parte dello straniero da allontanare del passaporto o di un documento equipollente in corso di validità, la mancanza di un alloggio stabile, aver fornito in passato false generalità, non aver ottemperato a precedenti provvedimenti impartiti dall’autorità, aver violato le prescrizioni connesse alla partenza volontaria e alle misure meno coercitive rispetto al trattenimento (art. 3, comma 1 lett. c) n. 4).

Il decreto legge, conformemente alla direttiva, disciplina anche la procedura del rimpatrio dello straniero mediante la concessione da parte del Prefetto di un termine compreso tra sette e trenta giorni per la partenza volontaria. La norma chiarisce che detta procedura è attivabile qualora non ricorrano le condizioni per il rimpatrio immediato dello straniero (art. 3, comma 1 lett. c) n. 5).

Viene pure previsto che, nel caso in cui venga concesso tale termine, il Questore, oltre alta prestazione di garanzie finanziarie, disponga una o più misure, soggette alla convalida del Giudice di Pace, finalizzate ad assicurare l’effettività del provvedimento di allontanamento. Le misure individuate dalla norma sono quelle della consegna del passaporto, dell’obbligo di dimora e della presentazione presso un ufficio di polizia (art. 3, comma 1 lett. c) n.6).

Vengono anche stabilite misure alternative al trattenimento nei CIE. La norma prevede infatti che, nei casi in cui lo straniero irregolare sia in possesso di passaporto o di un documento equipollente e l’espulsione non sia stata disposta per motivi di sicurezza dello Stato o di prevenzione del terrorismo o di ordine pubblico o per l’appartenenza dello straniero alle categorie di cui alle leggi 1423/56 e 575/65, e successive modificazioni ed integrazioni, nei suoi confronti possono essere applicate, in luogo del trattenimento, una o più delle seguenti misure: la consegna del passaporto, l’obbligo di dimora e l’obbligo di presentazione a un ufficio della Forza pubblica. Anche tali misure, come il trattenimento nei CE, sono soggette alla convalida del Giudice di Pace (art. 3, comma 3 lett. d) n. 2).

Per quanto riguarda invece il trattenimento nei CIE, oggi stabilito fino a un massimo di centottanta giorni complessivi, la disposizione in esame prevede che il Questore qualora, nonostante ogni ragionevole sforzo, non sia stato possibile procedere all’allontanamento a causa della mancata cooperazione da parte dello straniero interessato o dei ritardi nell’ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi, possa richiedere al Giudice di Pace, di volta in volta, la proroga del trattenimento per periodi non superiori a sessanta giorni, fino a un massimo di ulteriori dodici mesi (art. 3, comma 1 lett. d) n. 3).

Il termine per l’ottemperanza da parte dello straniero all’ordine impartito dal Questore ai sensi dell’art. 3, comma 1 lett. d) n. 4).

Il provvedimento dispone poi che l’inottemperanza agli ordini di allontanamento del Questore, come quella alle misure dal medesimo adottate per evitare la fuga dello straniero cui è stato concesso un periodo per la partenza volontaria, ovvero alle misure alternative al trattenimento presso i CIE, è punita con la pena pecuniaria della multa. Gli importi sono rapportati alla gravità delle violazioni (art. 3, comma 1 lett. d) n. 5).

Previa valutazione del singolo caso, nei confronti dello straniero è adottato un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera. Nel caso in cui non sia possibile darvi esecuzione, è previsto il trattenimento dello straniero presso il CIE, ovvero la notifica dell’ordine di allontanamento (art. 3, comma 1 lett. d) n. 6).

Va sottolineato che, per effetto delle nuove disposizioni, che hanno sostituito alla pena detentiva della reclusione quella pecuniaria della multa, il procedimento penale susseguente all’inottemperanza agli ordini del Questore di lasciare il territorio nazionale impartiti ai sensi dell’art. 10 bis del citato D.Lgs. 286/98, con la possibilità per il Giudice di Pace di sostituire la condanna dello straniero irregolare con l’espulsione del medesimo.

Sempre in ragione della necessità di adeguare il nostro ordinamento a quello comunitario, le nuove disposizioni prevedono che il divieto di reingresso dello straniero, da determinarsi caso per caso, non possa essere superiore a cinque anni. Periodi più lunghi di divieto possono essere fissati per gli stranieri destinatari di provvedimenti di espulsione per motivi di sicurezza dello Stato o di prevenzione del terrorismo o di ordine pubblico o perché appartenenti alle categorie di cui alle citate leggi 1423/56 e 575/65, e successive modificazioni ed integrazioni, sempre tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti al singolo caso- La norma introduce anche un periodo minimo di divieto fissato in tre anni (art. 3, comma 1 lett. c) n. 9).

Il decreto legge disciplina infine l’attuazione dei programmi di rimpatrio volontario e assistito degli stranieri irregolari verso i Paesi di origine o provenienza, prevedendo a tal fine la collaborazione di organizzazioni, enti o associazioni ed enti locali. La disposizione demanda a un decreto ministeriale, da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, la formulazione delle linee guida per l’attivazione dei programmi (art. 3, comma 1 lett. e).

Questo nuovo organico disegno di riforma, soprattutto nella parte che attiene all’esecuzione dei rimpatri, richiede un’intensificazione dell’impegno e degli sforzi da parte degli uffici preposti allo scopo di garantire, sin dalla prima fase-di applicazione delle nuove disposizioni, continuità ed efficacia nell’azione di contrasto all’immigrazione irregolare.

Modifiche all’art 13 del TU 286/98

Secondo il nuovo decreto-legge, la partenza volontaria si configura come eccezione e non come regola, contrariamente a quanto contenuto nella direttiva e nei suoi considerando[1]. Infatti, esso disciplina la procedura di rimpatrio e di partenza volontaria, solo laddove non ricorrano le condizioni per il rimpatrio immediato dello straniero.

Inoltre, le modifiche apportate all’art. 13 del TU Immigrazione sono improntate sulla eccessiva discrezionalità delle autorità preposte all’attivazione delle procedure medesime.

E’ il Prefetto che decide caso per caso quando attivare la procedura di rimpatrio immediato, così

come la valutazione del “rischio di fuga”.

Il rischio di fuga è indicato nell’art. 7 della Direttiva ed è relativo ai criteri che possono essere applicati dagli Stati Membri per evitare però tale rischio in caso di concessione di un termine di partenza volontaria.

A differenza, il decreto-legge configura il “rischio di fuga” anche nei casi di rimpatrio immediato ed è una nuova fattispecie rispetto a quanto contenuto nella direttiva.

Viene sostituito il comma 4 dell’art 13 TU Immigrazione stabilendo che “l’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (…) quando sussiste il rischio di fuga di cui al comma 4-bis[2]”.

Preoccupa che tra i criteri figurino - inter alia - il mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente in corso di validità, considerato che la quasi totalità degli stranieri che giungono sul nostro territorio sono sprovvisti di passaporto o documenti equipollenti. Allo stesso modo fa riflettere la menzione della mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio dove lo straniero possa essere agevolmente rintracciato.

Proseguendo con le modifiche apportate all’art. 13 del TU, il comma 5 viene sostituito e vengono introdotte le norme relative alla partenza volontaria[3] .

Laddove venga concesso il termine per la partenza volontaria, il questore chiede allo straniero di dimostrare la “(…) disponibilità di risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite, per un importo proporzionato al termine concesso, compreso tra una e tre mensilità dell'assegno sociale annuo. Il questore dispone, altresì, una o più delle seguenti misure:

  1. a) consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza;
  2. b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato;
  3. c) obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente (…)”[4].

Nel caso il cui lo straniero contravvenga ad una o più di queste misure è soggetto ad una pena pecuniaria che va da 3000 euro a 18000 euro. Tale misura è evidentemente sproporzionata rispetto alla violazione contestata ed ha valenze penali. Alla luce della sentenza della Corte di Giustizia europea sembrerebbe inammissibile anche una sanzione di questa natura, in quanto violerebbe il fine che la direttiva si pone (cfr in seguito).

Le modifiche all’art. 13 terminano con l’introduzione, attraverso la sostituzione del co. 14 dell’art. 13 con la diminuzione dei termini per il reingresso nel territorio nazionale a seguito dell’espulsione che passa dai 3 ai 5 anni, in luogo dei 10 previsti dalla normativa precedente, salvo eccezioni.

 Modifiche all’art. 14 TU

L’art. 14 del TU viene profondamente modificato. Anche in questo caso è evidente che il  decreto legge abbia sovvertito la finalità della Direttiva, in relazione all’esecuzione dell’espulsione.

L’art. 15 par. 1 della Direttiva, ribadendo l’utilizzo di strumenti meno coercitivi, stabilisce che gli Stati: “(…) possono trattenere il cittadino di un paese terzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento in particolare quando:

  1. a) sussiste un rischio di fuga o;
  2. b) il cittadino di un paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o l’allontanamento.

Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo il tempo necessario all’espletamento diligente delle modalità di rimpatrio” Ora, sempre nell’ottica del principio di proporzionalità, il decreto-legge ancora una volta “privilegia” le modalità più coercitive di esecuzione dell’espulsione, facendo peraltro riferimento a quella che sembra una misura aggiuntiva a quanto previsto dalla direttiva.

Infatti il co. 1 dell’art. 14, sostituito integralmente, consente di legittimare il trattenimento anche nelle ipotesi dell’art 13 co. 4-bis (ipotesi di rischio di fuga, vedi sopra).

Il co. 1 dell’art. 14, come riscritto dal decreto-legge, sembra legittimare il trattenimento in tutti i casi in cui non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione e dunque sembrerebbe invariata la ratio del trattenimento prevista dalla normativa italiana. Difatti nel secondo capoverso si legge

tra le situazioni che legittimano il trattenimento rientrano, oltre quelle previste dall’art. 13 comma 4 bis…..”

Suscita alcuni interrogativi il fatto che il decreto-legge abbia dovuto richiamare, tra le ipotesi che legittimano il trattenimento, anche quelle riconducibili alla necessità di prestare soccorso allo straniero. Questa previsione peraltro non è menzionata nella Direttiva.

Per quanto riguarda il co. 5 dell’art. 14, sostituito in buona parte, il decreto-legge recepisce quanto stabilito dalla Direttiva all’art 15 circa la facoltà degli Stati Membri di prorogare fino a 18 mesi il trattenimento nei CIE, senza però sottolineare il carattere eccezionale di tale misura come è chiaro nella formulazione della Direttiva medesima.

Inoltre, va sottolineato che la Direttiva all’art. 15 prevede una serie di garanzie giurisdizionali volte a tutelare lo straniero sottoposto a misure di trattenimento. In particolare:

  1. a) un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cui decidere entro il più breve tempo possibile;
  2. b) e che [gli Stati Membri] accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentare ricorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento. Gli Stati Membri informano immediatamente il cittadino straniero sulla possibilità di presentare tale ricorso.

L’art 15 prosegue stabilendo che “nel caso di periodi di trattenimento prolungati il riesame è sottoposto al controllo di un’autorità giudiziaria”.

In questo caso la Direttiva non lascia spazio a dubbi rispetto alla necessità che, di fronte a periodi prolungati di privazione della libertà personale dello straniero, l’autorità giudiziaria debba procedere ad un controllo della misura del trattenimento.

Al riguardo, per quanto concerne il contesto nazionale, va ricordato che, la Corte di Cassazione ha affermato che le garanzie costituzionali del contraddittorio, consistenti nella partecipazione dell’interessato e del difensore di fiducia all’udienza, debbano essere applicate anche nella fase procedurale della proroga del trattenimento[5].

Proseguendo con l’analisi dell’art. 14 del decreto-legge menzione va fatta del comma 5-ter che viene sostituito integralmente, al fine di allinearsi con quanto stabilito nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europa sopra richiamata.

Il nuovo art. 14 comma 5-ter (inerente le conseguenze previste per non aver ottemperato all’ordine di allontanamento notificato per mancata possibilità di trattenimento presso il CIE) non prevede più la pena detentiva per il solo fatto che un cittadino di un paese terzo permane in maniera irregolare sul territorio, per non aver ottemperato all’ordine di lasciare il territorio nazionale.

La violazione del suddetto ordine viene sostituito con pene pecuniarie che vanno da 10.000 a 20.000 euro o da 6.000 a 15.000 euro o da 15.000 a 30.000 (art 14 co. 5-quater) a seconda delle ipotesi previste dalla norma in cui ricade lo straniero.

Il presupposto per l’applicazione della sanzione penale rimane pressoché invariato ossia violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nel termine di 7 giorni (in luogo dei 5 previsti nella norma precedente), qualora sia impossibile il trattenimento in un CIE.

La norma introduce comunque una fattispecie incriminatrice nel TU Immigrazione. Infatti, per quanto contemplato dall’art. 14 commi 5 ter e 5 quater (come già ora avviene per l’art. 10 bis TU Immigrazione, circa la possibilità per il Giudice di Pace di sostituire la condanna dello straniero irregolare con l’espulsione del medesimo) è prevista la sanzione penale come pena sostitutiva  dell’espulsione.

Questa nuova fattispecie potrebbe configurare una violazione della Direttiva, nello specifico dell’art 2.

L’art. 2, par. 2, lett. b), infatti consente agli Stati membri di prevedere che la Direttiva non si applichi ai cittadini di Paesi terzi (…) “sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale”.

E’ rilevante sottolineare che le sanzioni penali di cui all’art 14 co 5-bis, ter e quater impattano anche sulla possibilità per lo straniero di fruire dei programmi di rimpatrio assistito. Con l’inserimento di un nuovo articolo, il 14-ter viene escluso infatti da tali programmi lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale.

 Modifiche all’art 19 TU

Si segnala infine l’inserimento del comma 2-bis all’art 19 del TU Immigrazione che recita.

Il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate”.

Preoccupa l’inserimento del comma 2-bis in un articolo come il 19 del TU immigrazione che è volto alla tutela di tutti coloro per i quali è vietata l’espulsione o il respingimento.

Peraltro, non viene fatta esplicita menzione della possibilità, per le categorie vulnerabili di cui al nuovo comma 2, del rimpatrio volontario assistito.

[1] “L’uso di misure coercitive dovrebbe essere espressamente subordinato al rispetto dei principi di proporzionalità e di efficacia per quanto riguarda i mezzi impiegati e gli obiettivi perseguiti” (considerando n. 13 della direttiva)

 [2]«4-bis. Si configura il rischio di fuga di cui al comma 4, lettera b), qualora ricorra almeno una delle seguenti circostanze da cui il prefetto accerti, caso per caso, il pericolo che lo straniero possa sottrarsi alla volontaria esecuzione del provvedimento di espulsione:

  1. a) mancato possesso del passaporto o di altro documento equipollente, in corso di validità';
  2. b) mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità' di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato;
  3. c) avere in precedenza dichiarato o attestato falsamente le proprie generalità';
  4. d) non avere ottemperato ad uno dei provvedimenti emessi dalla competente autorità', in applicazione dei commi 5 e 13, nonché dell'articolo 14;
  5. e) avere violato anche una delle misure di cui al comma 5.2.»;

[3] “5. Lo straniero, destinatario di un provvedimento d'espulsione, qualora non ricorrano le condizioni per l'accompagnamento immediato alla frontiera di cui al comma 4, può chiedere al Prefetto, ai fini dell'esecuzione dell'espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria”

 [4]comma 5.2 dell’art 13 come modificato dal decreto 89/2011.

 [5]Con la sentenza n. 4544 del 24.2.2010 la Corte di Cassazione ha affermato che: “al procedimento giurisdizionale di decisione sulla richiesta di proroga del trattenimento presso un Centro di Permanenza Temporanea dello straniero, già sottoposto a tale misura per il primo segmento  temporale previsto dalla legge,devono essere applicate le stesse garanzie del contraddittorio, consistenti nella partecipazione necessaria del difensore e nell’audizione dell’interessato, che sono previste esplicitamente, ai sensi dell’art. 14, quarto comma, del D.lgs n. 286/1998, nel procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento,essendo tale applicazione estensiva imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del successivo comma quinto, relativo all’istituto di proroga, tenuto conto che un’opposta lettura sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost”

 

ALLEGATI
D.lvo 286/98 D.L 89/2011 confronto PRONTUARIO IPOTESI DI ACCOMPAGNAMENTO
VERBALE ACCOMPAGNAMENTO SOMMARIE INFORMAZIONI RICHIESTA QUESTURA BIGLIETTO INVITO IN QUESTURA
CNR ARRESTO 20BIS CNR ART.20 BIS LIBERO CNR ARRESTO ART.20 TER  

 

IPOTESI DI REATI PIU' GRAVI - ART.13
PRONTUARIO ART.13 ARRESTO ART.13 ARRESTO ART.13 BIS CNR ART.13 

 

IPOTESI DI REATI PIU' GRAVI - ART.14
PRONTUARIO ART.14 CNR ART.14    

 

PRONTUARIO DELLE VIOLAZIONI AL CODICE DELLA STRADA COMMESSE DAGLI STRANIERI
INTRODUZIONE PRONTUARIO    
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